Insulti al capo nella chat, il dipendente può essere licenziato?

L’utilizzo di applicazioni di messaggistica istantanea tra colleghi nell’ambito lavorativo ed extra lavorativo ha portato alla luce una serie di casistiche legate all’invio di messaggi poco opportuni nelle chat tra colleghi e nelle chat di lavoro.

Spesse volte è capitato di leggere o di sentire, anche nei telegiornali, titoli come: “Whatsapp: insulti il capo in chat? Non puoi essere licenziato…” oppure “Non sarà più possibile licenziare chi insulta il capo in chat…”.

Ma è davvero così? Non proprio, infatti vi è differenza se nella chat in cui si è verificato il fatto è presente o meno il datore di lavoro.

Se il datore di lavoro non è presente nella chat, i messaggi scambiati in una chat privata vanno considerati come la corrispondenza privata, la quale è chiusa e inviolabile poiché soggetta alla tutela della segretezza di cui all’art. 15 Cost.

Pertanto, in virtù del principio di tutela della segretezza della corrispondenza tali conversazioni non sono utilizzabili per l’elevazione di contestazioni disciplinari e non possono determinare il licenziamento del dipendente.

Diversamente, se il datore di lavoro è presente nella chat il messaggio inviato il dipendente potrà essere soggetto di una contestazione disciplinare ed eventualmente essere licenziato.

In tal caso non sarà possibile per il lavoratore difendersi attraverso le tutele di cui all’art. 15 Cost., in quanto il datore quindi veniva a conoscenza del suo contenuto legittimamente, come fosse un insulto a voce.

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