Il mobbing e come riconoscerlo
Con il termine mobbing si intende la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si traduce in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità del mobbing devono dunque sussistere quattro elementi costitutivi:
- la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
- l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
- il nesso eziologico o di causalità (in termini di rapporto causa-effetto) tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;
- l’elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio, che costituisce l’elemento unificante le diverse condotte.
Vari possono essere i comportamenti concretizzanti il mobbing, come per esempio: rimproveri e richiami, espressi in privato ed in pubblico, anche per banalità; la sottrazione ingiustificata di incarichi; l’isolamento voluto della postazione di lavoro; la dequalificazione professionale; il dotare il lavoratore di attrezzature di lavoro di scarsa qualità o obsolete; l’escludere il dipendente da lavori in team; il non fornire più le informazioni necessarie per lo svolgimento dell’attività.

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